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DISCORSO DEL SINDACO RADICE IN OCCASIONE DEL GIORNO DEL RICORDO

Pubblicato il 10/02/2022

Buongiorno a tutti, alle autorità civili e militari presenti, ai rappresentanti delle associazioni, ad Anpi che ringrazio per aver collaborato nell’organizzazione, ai cittadini e un saluto particolare a voi studenti delle terze classi delle scuole “Levi Montalcini” che realizzate con noi questa cerimonia. Oggi Legnano aggiunge un tassello nella costruzione di quella che ci piace chiamare la “Città della memoria”, una Legnano fatta di segni -siano questi targhe, steli o pietre d’inciampo- che rimandano a persone o a episodi della storia locale e nazionale. Oggi, Giorno del Ricordo, Legnano intitola quest’area verde del quartiere San Paolo ai “Martiri delle foibe e agli esuli  giuliano-dalmati”. E io voglio essere molto chiaro a proposito: per fare veramente memoria serve, in primo luogo, una profonda onestà intellettuale e la forza di trovare ciò che unisce. Serve essere pronti a riconoscere, senza preconcetti, meriti, colpe e responsabilità che hanno dato origine agli eventi della storia, e specie ai più controversi. E quello delle foibe e dell’esodo di tanti italiani è senza dubbio uno di questi. Negare questo fatto significa mentire. Significa far finta di nulla. Vorrebbe dire ignorare le enormi difficoltà che ci sono state nei quasi ottant’anni che ci separano da quei fatti drammatici nel riconoscere le responsabilità di quanto accaduto e nel raggiungere, con grande fatica, una visione condivisa. E questo –bisogna ricordarlo– è un risultato recente: la legge, quella che istituisce il Giorno del Ricordo risale al 2004, mentre è del 2006 la prima celebrazione di questa solennità civile nazionale.

 

Allora, voglio rivolgermi a voi studenti delle “Levi Montalcini”: cosa significa, secondo voi, arrivare a celebrare per la prima volta un fatto storico circa sessant’anni dopo quell’avvenimento? Cosa può essere successo in tutto quel tempo? Come è possibile che per mettersi d’accordo su dei fatti successi negli anni Quaranta sia stato necessario così tanto tempo? La mia risposta è semplice: io penso che ognuno, per tanto tempo, sia rimasto sulle proprie posizioni e non abbia voluto ascoltare gli altri. Per tanti anni c’è stata quella situazione bloccata che si chiama “muro contro muro”, perché ognuno ha guardato ciò che ci aveva diviso piuttosto che ciò che ci accomuna. E nel muro contro muro cosa succede? Che è giusto soltanto quello che penso io e che gli altri, quelli che non la pensano come me, sbagliano. È chiaro che il muro contro muro non può portare da nessuna parte. Cosa succede, del resto, a scuola quando litigate fra compagni di classe? Picchiarsi, insultarsi, fare i bulli serve forse a capirvi meglio o a mettervi d’accordo? Sapete benissimo che litigare e combattersi non porta mai a niente in ogni situazione della vita, quindi non può essere d’aiuto nemmeno quando si prova a ricostruire e dare un senso ad avvenimenti storici drammatici come sono state le foibe e di cui vi parlerà fra poco, da vero storico, il professor Giorgio Vecchio, che ringrazio. La mostruosità delle foibe nasce proprio da una situazione di questo tipo; anni di incomprensioni, di ostilità, di razzismo, di violenze continue e crescenti. E voi, ragazze e ragazzi, sapete bene che la violenza non risolve i problemi. La verità è che la violenza, i problemi, li crea. Anzi: è la violenza stessa a essere il problema, uno dei problemi più grandi nella storia dell’umanità. E questo perché violenza genera violenza in una spirale da cui si rischia di non uscire più. Che cosa possiamo fare, allora, per non ripetere gli errori del passato, per non riprodurre nei giorni e nella realtà che viviamo contrapposizioni che sono distruttive? La risposta è parlarsi. Parlarsi per ascoltare l’altro e le sue idee, e non per imporre a ogni costo le nostre. Questo è il compito, a ogni livello, della buona politica: partire da posizioni anche molto diverse e riuscire a trovare un’intesa. Ma questo risultato si può ottenere a una sola condizione; la disponibilità a confrontarsi seriamente affrontando nel merito le questioni. Che, in questo caso, significa anche dover ammettere cose che possono dispiacerci, cose che è difficile voler riconoscere. Ma questo e soltanto questo è fare veramente memoria. Non c’è altra strada: se non facessimo così, se affrontassimo questi temi nei soli aspetti che ci fanno comodo tutti noi saremmo responsabili dell’ occultamento di una parte essenziale della verità. E sarebbe fare un torto ulteriore ai tanti innocenti massacrati e agli italiani costretti ad abbandonare le loro case cui oggi intitoliamo questo spazio. È con questo spirito che, qualche mese fa, il consiglio comunale di Legnano ha votato all’unanimità l’intitolazione di un’area pubblica ai martiri delle foibe e agli esuli giuliano dalmati. E questo perché un argomento che è sempre stato divisivo e motivo di contrapposizioni potesse finalmente diventare un patrimonio del sentire comune: tanto dobbiamo a chi, quasi ottant’anni fa, ha perso in modo terribile la vita e, con dolore, è stato sradicato dai luoghi in cui era nato e vissuto fino a quel momento. Intitolando questo spazio verde non pretendiamo di dare una lezione di storia. La nostra intenzione è piuttosto quella di lanciare un messaggio: parliamoci e confrontiamoci rispettandoci sempre, pur nella diversità delle nostre vedute. Affermare una ragione per annullare tutte le altre ha prodotto, nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle, atrocità bestiali come le foibe, i lager, i gulag, luoghi in cui c’erano uomini che si consideravano superiori rispetto ad altri uomini, quindi legittimati a eliminarli; luoghi di cancellazione, separazione e morte cui opponiamo la memoria e i luoghi di incontro e di vita, come questo giardino pubblico. Costruiamo punti di incontro e cerchiamo sempre ciò che ci unisce prima di ciò che ci divide, perché quello che è accaduto non deve accadere mai più. E tutti noi, nessuno escluso, dobbiamo impegnarci, nelle nostre vite, nei nostri comportamenti quotidiani, dal lavoro alla politica alla scuola affinché il seme dell’intolleranza non dia mai più i suoi frutti velenosi.

Grazie a tutti e buon Giorno del Ricordo