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DISCORSO UFFICIALE 25 APRILE

Pubblicato il 25/04/2021

Buon giorno a tutti, rivolgo il mio saluto alle autorità, all’Anpi, alle associazioni presenti in questa piazza e alle forze dell’ordine per celebrare il 25 Aprile. Il mio saluto va anche ai nostri concittadini che oggi non possono essere qui con noi per questa cerimonia, e che ci seguono attraverso le pagine social del Comune di Legnano e dei media locali –che ringrazio per il loro impegno– . E ai giovani ai quali mi rivolgo in modo particolare: questo 25 aprile è vostro e a voi soprattutto desidero rivolgermi.

 

A causa del virus quello che ci apprestiamo a vivere, infatti, è un altro 25 aprile particolare: è il secondo caratterizzato da restrizioni, ma -cosa ancora più importante- tutti noi speriamo possa essere l’ultimo. Ed è proprio di fronte a questa sfida dalle dimensioni globali contro il coronavirus che ho pensato a due parole cardine del 25 aprile, Resistenza e Liberazione, e a come ci abbiano accompagnato in un anno così particolare.

Esattamente come è stato in uno dei momenti più drammatici nella storia italiana del Novecento, anche in questa lotta contro il virus la resistenza –la resistenza di popolo- è il presupposto per la liberazione. E come è stato in quello snodo epocale nella storia del nostro Paese la vittoria arriverà solo se voi giovani vi metterete in gioco: voi che siete tra quelli che hanno pagato il prezzo più alto. Certo il prezzo è stato molto molto alto per chi in questi mesi, sopraffatto dal virus, ha perso la vita, e cui va il nostro cordoglio. Ma lo è stato, anche se in misura certamente non paragonabile ai tempi della guerra, per quello che la pandemia ha comportato in termini di restrizioni, di cambi di abitudini, in perdite o allentamenti di relazioni, in termini di danni economici socio-culturali e psicologici.

Oggi, dopo un anno, conosciamo la fatica di resistere, giorno per giorno, alla minaccia di un virus; oggi meglio possiamo capire e sentire nella nostra carne viva cosa deve essere stata la dimensione quotidiana di chi resisteva, quasi ottant’anni fa, per liberarsi dalla dittatura nazifascista.

In mancanza, purtroppo, della stragrande maggioranza dei testimoni diretti di quelle vicende, sono tante, per fortuna, le testimonianze sulla Resistenza per avvinarci a quei tempi e aiutarci a conoscerli meglio. Proprio ieri pomeriggio abbiamo partecipato alla presentazione dell’ultimo libro scritto dall’ex sindaco Alberto Centinaio: a lui e a tutti coloro che dedicano tempo, energie e passioni per far vivere la memoria va il mio, il nostro, grazie.

Il libro racconta la storia di Samuele Turconi: negli anni della Resistenza Samuele era un giovane di Mazzafame che si trovò, come tanti suoi coetanei, di fronte a una scelta. E non ebbe dubbi. A guidarlo c’erano convinzioni profonde, valori familiari saldi, non certo il calcolo o la convenienza.

Samuele ha guardato al futuro, ha scommesso su un mondo diverso; una scommessa che era rischiosa, che lo ha portato a sfidare la morte, ma una scommessa che andava fatta e che lo ha ripagato.

La sua vicenda, quella di un giovane di poco più di vent’anni a quei tempi, mi ha ricordato quella descritta in una delle mie canzoni preferite. Se ogni generazione, infatti, ha le sue canzoni di riferimento io, fra quelle che si ispirano alla Resistenza, insieme a “Bella ciao!” scelgo Oltre il ponte messa in musica dai Modena City Ramblers con Moni Ovadia.

Il testo è una poesia di Italo Calvino in cui la guerra è vista attraverso gli occhi di un uomo che ricorda alla figlia la sua esperienza di partigiano, affinché “quei nostri pensieri/ quelle nostre speranze di allora/ rivivessero in quel che tu speri/ o ragazza color dell'aurora”. Attraverso gli occhi da ragazzo di vent’anni che si unisce alla lotta dei partigiani per ribellarsi ai fascisti e ai tedeschi, in pochi versi viviamo eventi, situazioni, emozioni della vita segnata, appunto, da un conflitto terribile.

Le truppe tedesche tenevano in pugno la città e da qui la decisione: “chi non vuole chinare la testa/ con noi prenda la strada dei monti”. È oltre, oltre il ponte che il giovane vede “la vita e tutto il bene del mondo” e quell’oltre va conquistato. L’altra riva si vede, ma va raggiunta, “oltre il ponte che è in mano nemica”. Sono situazioni in cui un giovane si rende conto che per cambiare le cose, insieme con i suoi coetanei, deve fare affidamento su di sé, sulle proprie risorse, su quello che ha dentro: “Tutto il male avevamo di fronte/ tutto il bene avevamo nel cuore”.

Una riva da raggiungere per la libertà, anche quando si sa che si può perdere la vita per arrivarci. E qui lasciatemi rivolgere un pensiero e una preghiera per le oltre 100 persone morte in mare, ancora una volta, qualche giorno fa.

 

Oggi voi giovani, nella pandemia, state sperimentando una situazione mai vissuta prima, che vi ha creato grandi problemi. Il nostro compito è aiutarvi a resistere. Il nostro compito è aiutarvi a trovare una soluzione, a credere nelle vostre capacità e nelle vostre risorse per farcela. Essere buoni maestri: che sappiano ascoltare, motivare, ma anche mettersi nell’ombra quando serve. E questo perché è sempre stata dei giovani, in tutto il corso della storia la possibilità di cambiare le cose, di riscattare se stessi e gli altri. Dei giovani come lo furono, nella lotta di Resistenza, Giuseppina Marcora e Piera Pattani, di cui fra poco, al cimitero monumentale, scopriremo una targa dedicata.

 

Forse bisognerebbe smettere di dire che il futuro è dei giovani; perché il futuro si costruisce oggi, e del proprio futuro ognuno è responsabile. Allora anche il presente, con le scelte che impone, è e deve essere di voi giovani. Giovani come Samuele Turconi, Giuseppina Marcora, Piera Pattani si sono assunti la responsabilità di fare una scelta; una scelta difficile e rischiosa, che ha contribuito a realizzare un Paese libero e democratico.

Inutile dire che i tempi e le situazioni non sono paragonabili. Oggi non servono certo degli eroi, ma persone responsabili sì; le persone responsabili, infatti, servono sempre, in ogni tempo e in ogni situazione. Oggi servono persone che, nelle scelte, pensino anche e soprattutto agli altri, che pensino alle conseguenze che i propri comportamenti hanno sul prossimo.

Celebrare la Resistenza, il 76° anniversario della Liberazione, non è quindi semplicemente ricordare un passato che ci appare sempre più lontano, ma costruire ancora oggi, su quei valori sempre giovani, il futuro.  

 

Quindi, cosa possiamo imparare dalla lezione di quelle pagine di storia che oggi celebriamo? Probabilmente che la vittoria della democrazia sulle dittature e che la Liberazione non sono veramente date una volta per tutte. Proprio perché la storia non si ripresenta mai con le stesse modalità, il virus del fascismo sopravvive ancora oggi in numerose varianti. Da una minaccia di questo tipo non si è mai immuni per sempre. Dobbiamo essere pronti, dobbiamo essere vaccinati contro le tante forme che questa assume. E contro questa devono essere vaccinati i giovani, con dosi robuste di senso della libertà e di uguaglianza, di giustizia sociale e di tolleranza. E fare questo è un compito di noi adulti.

Sono proprio voi giovani, quelli delle nostre scuole, dei nostri parchi e delle nostre piazze, voi studenti che negli ultimi anni avete sempre preso parte alle celebrazioni del 25 aprile, a mancarci qui, oggi. Perché il 25 aprile è la festa con cui ricordiamo i giovani di allora e con cui parliamo a voi giovani di oggi: noi aiutiamoli a raccogliere il testimone dell’impegno per difendere quella libertà e quella giustizia che i loro coetanei avevano conquistato. Ognuno declinando questa chiamata nella propria vita, secondo le proprie inclinazioni e abilità.

 

Chiudo con l’augurio sincero di poterci ritrovare qui tutti il prossimo anno senza le limitazioni imposte dal virus.

Buon 25 aprile.

 Lorenzo Radice

Sindaco di Legnano